mercoledì 19 ottobre 2011

Ieri come oggi il colonialismo italiano in Libia


Sono passati ormai 100 anni dall’ intervento coloniale italiano in Libia. La triste ricorrenza di questa data è stata, però, allegramente ricordata dal nostro ministro della difesa, il fascista Ignazio La Russa e da Mustafà Abdul Jalil, ex ministro della giustizia sotto Gheddafi ed ora integerrimo presidente,secondo gli amici occidentali,  del “provvisorio” Cnt istaurato dai criminali-ratti/ribelli filo monarchici, filo-imperialisti/statunitensi e in parte anche ultra integralisti islamici.
Il criminale Jalil accusato da Amensty International, organizzazione internazionale che combatte per il rispetto dei diritti umani che ha sede a Londra e non certo a Cuba o in Venezuela, di aver perpetrato numerose violenze durante il suo mandato ministeriale, si ritrova oggi a presiedere il consiglio di transizione che dovrebbe restaurare la “democrazia” nel paese Nord Africano, e a proferire commenti di dubbia valenza storica e completamente menzogneri e offensivi nei confronti del popolo libico. Spronato dal sorriso del “democratico” ministro La Russa, Jalil, ha voluto caldamente rammentare la bontà del trentennale colonialismo italiano nel suo paese definendolo “un’ era di sviluppo”. Inoltre, ha voluto sottolineare di come venne contribuito allo sviluppo agricolo,architettonico e all’ imposizione di leggi e processi giusti accusando invece il regime del colonnello Gheddafi, del quale era uno dei principali esponenti, di aver causato l’esatto opposto.
L’ occupazione delle truppe italiane in Libia avvenne nel 1911, sotto il quarto governo Giolitti. Tripoli venne bombardata da 20 corazzate navali e il 1° novembre l’intero paese venne bombardato dalla nostra flotta aeronautica. Per entrarvi fu impiegato un plotone di 100.000 uomini. Dopo lo sbarco si contarono circa 5 mila libici impiccati e fucilati tra cui numerose donne e ragazzi, in migliaia vennero invece deportati. Le ragioni di tale invasione, ovviamente, non hanno nulla a che vedere con ciò che è stato addotto da Mustafà Jalil. L’ intento dell’ Italia, paese civilizzato, non era assolutamente quello di conquistare la cirenaica, paese barbaro, per realizzare un’ opera di diffusione culturale. L’ invasione derivò da necessità di carattere economico. I grandi industriali avrebbero avuto l’ opportunità di trovare un nuovo mercato di sbocco alle proprie merci, si sarebbero potute sfruttare materie prime e mano d’opera a bassissimo prezzo e, inoltre, il business delle costruzioni di armi avrebbe creato nuovi posti di lavoro.
Ieri come oggi ,però, una coraggiosa resistenza popolare si è organizzata per non permettere all’ invasore straniero di commettere qualsiasi tipo di violenza e brutalità su di un suolo che non gli appartiene. Pochi si ricorderanno di lui. Lo chiamavano “Il leone del deserto”. Con tale appellativo è stato intitolato il film del 1981 che narra delle sue gesta e prontamente censurato in Italia perché “lesivo dell’ onore dell’ esercito italiano”. Omar al- Mukhtar fu il glorioso capo della resistenza libica durante l’ occupazione italiana. Egli era un religioso islamico appartenente alla confraternita dei Senussi. Per circa 20 anni guidò la guerriglia libica finchè nel 1931 non venne catturato. Perché ciò avvenisse l’ esercito fascista italiano diede fuoco a numerosi villaggi, gli aerei bombardarono numerose oasi impiegando all’ occorrenza anche armi chimiche, i pozzi d’acqua vennero avvelenati o chiusi col cemento e migliaia di persone vennero deportate in campi di concentramento. Omar al- Mukhtar verrà condannato a morte da Mussolini e impiccato alle 9 del mattino del 16 settembre 1931.
Mentre siamo costretti ogni giorno ad ascoltare le falsità ripetute fino alla nausea dalle televisioni di regime, a inghiottire senza poter fiatare la menzogna dell’ “intervento umanitario” come causa prima dell’ attuale occupazione imperialista della NATO, le infime opinioni di quelli che un tempo rappresentavano la sinistra italiana e l’esasperante conformismo della società del nostro paese, il revisionismo storico sostenuto da Jalil appare al quanto eccessivo e inaccettabile. Ciò che lo rende ancor più insopportabile e paradossale è come si ostini a sostenere che il popolo libico riconosca la verità in ciò da lui affermato.
Quello che ancor più spaventa, è come tali forme di revisionismo storico, di riscrittura completamente falsificata dell’ esperienza storica italiana si stiano insinuando come un cancro fra la popolazione del “Bel Paese”. Tali dottrine storiche ereticali, per lo più fomentate dall’ ignoranza o dalla malafede, trovano terreno fertile soprattutto tra i più giovani ed è appunto per questo che tra quella grande fetta di gioventù italiana menefreghista, ignorante, materialista e estremamente disinformata  il fascismo è tornato fortemente di moda. Il compito più importante di un comunista è quello di combattere questa degenerazione, partendo innanzitutto dal ricercare la verità in qualsiasi situazione e dal non lasciare annebbiare la propria mente da quel pensiero unico universalmente diffuso, oggi giorno, in qualsiasi settore politico nostrano.

Mattia Scolari

2 commenti:

  1. non riecsco a capire perchè ( Mattia) ti ostini a credere che l'Italia sia in grado di decidere cosa fare! l'Italia è come un interdetto: altri stati(Francia, Germania U.S.A.) prendono le decisioni per Lei!

    RispondiElimina
  2. Vorrei capire dove avrei espresso una tale opinione. Le situazioni descritte in questo articolo sono realtà storiche. Inoltre non vedo che attinenza abbia questo commento con ciò che viene trattato nell' articolo.
    Cordialmente,
    Mattia

    RispondiElimina