domenica 16 ottobre 2011

Più indignati di prima! Cronaca della manifestazione romana. Il fallimento del 15 ottobre italiano: cui prodest ?

Roma 15 ottobre 2011 – Desideravamo far sentire il nostro sdegno, aspettavamo di dare potenza alle nostre voci con l’amplificazione delle piazze della capitale e del resto del mondo. La manifestazione degli indignati a Roma, invece, è stata l’unica ad essersi distinta e a far parlare di sé solo per i gravi disordini e l’alto numero di feriti.
Era partita come un’immensa, colorata, pacifica e partecipatissima occasione per sottolineare che noi (il 99% del mondo) abbiamo una dignità e ci siamo stancati di essere spremuti.
A Roma già dai parcheggi dei pullman fin nella metropolitana, si cantava con striscioni e bandiere al seguito. All’arrivo in Termini il corteo era così smisurato che faceva fatica ad avviarsi. Tutti chiamavano tutti per incontrarsi e sfilare insieme, compatti, vicini e uniti contro il sistema che ci sta strozzando. L’aria era frizzante, la giornata splendida e la musica, diffusa dai soliti camion colorati e addobbati per la circostanza, ci faceva da sottofondo.
Finalmente il corteo si avvia e ogni singola componente manifestava le sue istanze. Chi contro la precarietà del lavoro, chi contro le banche, chi per la difesa del territorio, chi per il diritto allo studio, chi per il diritto alla casa,… comunque tutti, in generale, contro uno stato di cose che non riusciamo più a sostenere e che vogliamo cambiare.
Si parte da Piazza delle Repubblica (ma il corteo si estende ben oltre) e si prevede l’arrivo in Piazza San Giovanni. “Si prevede” perché molti degli indignati, me compresa, lì non ci sono mai arrivati. Siamo stati costretti a fermarci prima. Nello specifico a metà di Via Cavour dove sono state incendiate le prime auto.
Prima che venissimo bloccati e che il serpentone venisse tranciato a metà, abbiamo visto correre tra di noi una ventina di black block. Tutti a volto coperto, tutti incappucciati e vestiti di nero, tutti con il casco e armati fino ai denti. Il corteo ha provato a fermarli, a cacciarli, ha urlato contro di loro ma le mani nude e gli insulti possono poco contro gente così organizzata. La paura è quella di essere massacrato di botte. Nessuno di noi, infatti, è andato a Roma armato. Avevamo solo slogan, entusiasmo e voglia di farci sentire. Le bombe carta, le spranghe, i fumogeni, le catene, le molotov, i sanpietrini, gli idranti, i caschi, gli scudi e i manganelli li avevano quelli vestiti di nero (o di blu).
Insomma, abbiamo deviato e ci siamo dispersi ma, nonostante tutto, cercavamo un modo per raggiungere Piazza San Giovanni in sicurezza. Non l’abbiamo trovato. Ovunque caricavano, ovunque si levava fumo. Fino a quando non abbiamo iniziato a ricevere telefonate o sms dai nostri cari: “Non andate in Piazza San Giovanni”. Stavano già passando le immagini della guerriglia in corso in TV!
L’obiettivo di chi voleva rovinare la manifestazione è stato raggiunto. Come ho sentito ieri al ritorno in pullman, “la ragione di molti è stata oscurata dalla violenza di pochi”. E a chi giova tutto questo? Cui prodest? Ovviamente all’1%, che ha vinto ancora.
Genova non ci ha proprio insegnato niente allora! Come è possibile che una quarantina di delinquenti riescano a mettere a ferro e fuoco una città come Roma senza che le autorità riescano a fermarli? Lo spiegamento di forze era imponente e vi assicuro che i black block quando li vedi, li riconosci. Quanti ne sono stati arrestati ieri?
In conclusione, siamo ritornati a Milano (dodici ore di pullman per un’ora e mezza di corteo), più indignati di prima per non essere riusciti, contrariamente a quel che è accaduto negli altri paesi, a farci ascoltare da nessuno.

Serena Barbierato




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